giovedì 12 febbraio 2015

Giocattoli feticcio, ornitorinchi e cugino malefico (e comunque io volevo fare il meccanico)

Essere una femmina ha sicuramente i suoi vantaggi:

- ti fanno entrare sempre nei locali fighi;


- non ti devi fare la barba;


- qualsiasi cosa terribile o atto efferato tu possa commettere nella settimana che precede il ciclo (inclusi acquistare un paio di Hogan, fare sacrifici umani o tentare di invocare Satana), è come se non fosse mai accaduto, non ha nessun valore. 

Non è colpa tua ma dei tuoi ormoni. Sempre.

Però...per me quando ero piccola essere femmina non è stato proprio un vantaggio. Ero l'unica femmina in una famiglia piena di maschi. Ora voi direte: "Ehhh vabbèèè, sarai stata viziata e coccolata!Di che ti lamenti?"


Mi lamento! E certo che mi lamento! Io ero un'innocente bambina con l'unica colpa di possedere nel mio dna due cromosomi X invece del poetico binomio XY, tipico dei maschietti.

Oddio, se avessi potuto scegliere, avrei esagerato e avrei chiesto di essere un ornitorninco che, oltre ad essere molto caruccio, a livello di cromosomi vince a zampe basse, voglio dire.





Comunque, a parte gli ornitorinchi, io volevo essere un maschio. 

Volevo fare le cose che facevano i maschi, vedere i cartoni da maschio, vestire e parlare come un maschio, sputare come un maschio e, ovviamente, misurarmi il pisellino col righello (per poi confrontarmi con gli amichetti) come un maschio.

Ma, soprattutto, io volevo i giocattoli che avevano i maschi. O, più precisamente, i giocattoli di UN maschio in particolare.


MIO CUGINO.

Malefico cugino di tre anni più grande, possessore di tutti i giocattoli da me desiderati. Tutti.
Ora, io per carità, mica pretendevo di averli tutti tutti, però che cavolo, la vita è ingiusta.

A me, femmina, tutto il parentame regalava bambole. Bambole belle, certo, supertecnologiche che parlavano, cantavano, pattinavano, piangevano, facevano la cacca, la pipì, chiamavano mamma e, a seconda dei modelli, riuscivano a calcolare anche la trasformata di Laplace. Peccato che durassero al massimo una settimana. Il meccanico che era in me le apriva, le smontava, esaminava ogni pezzetto e poi, ovviamente, non sapendole rimontare, gettava la spugna e le abbandonava in un angolo della cameretta.


Le più sfortunate godevano anche di un brutale trattamento "trucco e parrucco" che consisteva in scarabocchi astratti su faccia con penna bic e taglio di capelli che manco Demi Moore in "Soldato Jane". 

Ma torniamo al cugino malefico. Io andavo a trovare i nonni e lui era lì. Con quel sorrisetto odioso e quell'aria di sufficienza mi salutava a mezza bocca e poi mi diceva la fatidica frase:

"Vuoi vedere cosa mi ha comprato mamma?"

Al mio assenso lui scattava su per le scale ed io dietro, saltando gli scalini due a due, così per due rampe, sempre più veloce fino ad arrivare alla mansarda. Avrei voluto che quel momento durasse per sempre. Era lì che sarei voluta rimanere, sulla porta, col fiatone e col cuore impazzito con mio cugino in ginocchio che rovistava in mezzo a pile e montagnette colorate di giocattoli.


Poi lui trovava il tesoro. Lo prendeva, si voltava di scatto e mi mostrava ogni volta un meraviglioso, fantastico, stupefacente giocattolo nuovo. 


Il camper delle Micromachines:





Voltron:





Le tartarughe ninja:




La Turbo Panther:




La Peg Perego. La Peg Perego. Su, il malefico cugino l'avreste odiato anche voi.



I miei preferiti, i Dino Riders:





E molti, molti ancora. 

Ma non era questo è il problema. Mio cugino non era malefico perchè possedeva tutti questi giocattoli, lui era malefico perchè prima li descriveva nel minimo dettaglio, faceva scattare tutti i piccoli meccanismi, tirava levette, spingeva bottoni mentre li girava e rigirava tra le mani e poi al mio implorante:"Mi ci fai giocare?" detto con vocina tremula, rispondeva...NO.

E adesso provate solo a dirmi che non facevo bene ad andare in mansarda mentre lui non c'era, infilare una mano in una cesta e rubargli, ogni volta, una manciata d
i pezzi del Meccano. 

Nessun commento:

Posta un commento