martedì 10 febbraio 2015

AntropologicaMente: Mortal Kombat 2

Volevo scrivere un articolo. Volevo scrivere di un sacco di cose, avevo tutto uno schema mentale supersonico comprensivo di capitoli, capitoletti, paragrafi e frasi importanti evidenziate con colori diversi. Si! 

Ma non so se ce la posso fare. Voglio dire, scrivere qualcosa mentre il tuo fidanzato gioca a Mortal Kombat 2 è quasi praticamente impossibile.

E' un'operazione difficilissima, ci vuole un'alta concentrazione,  tipo Dalai Lama.
Si deve raggiungere il Nirvana, scollegarsi dalla realtà, creare un micromondo in cui isolarsi, tutto questo senza usare droghe o meditazione da monaco buddista (e chi c'ha tempo)?





Gli ostacoli sono difficili da superare. Molto difficili. Si devono ignorare vari livelli di commenti ed imprecazioni:


- brontolii a voce bassa: intervallati sempre da mugolii, sospiri e, più raramente, da invettive da pronunciare in un'unica soluzione e sempre troncate a metà, ad esempio: "macheccazz!", "mapporc!" o dalla più comune "mavvaffanc...!");


- lamenti di varia origine: sempre rivolti a se stessi, accompagnati da profondo senso di colpa, riducono l'autostima almeno del 50%, facendo sentire il giocatore non all'altezza del ruolo interpretato nel videogioco. 

Esempi di tali esternazioni possono essere: "No, vabbè non ce la faccio...", "Eddaiperò!Come si fa, è troppo difficile!", "Sarà durissima..."
In questo caso specifico, tale scoramento ha portato addirittura al tentativo del cambio del personaggio, mossa usata solo nei casi più estremi. Il giocatore è passato infatti da Sub Zero a Jhonny Cage e, per ultimo a Kung Lao, ovviamente senza esito positivo, gettandolo nella più profonda disperazione;

- insulti diretti ai personaggi del gioco: in questo caso i personaggi femminili presenti nel gioco diventano automaticamente tutte meretrici, figlie, nipoti e pronipoti di meretrici, gli uomini tutti stronzi e, ovviamente, anch'essi figli delle suddette donne di facili costumi sopracitate. Insomma, sono tutti parte di una grande famiglia di stronzi e mignotte.


- urla auto-motivanti: sono spesso in corrispondenza di colpi ben assestati ai nemici, sono espressioni che caricano e, al contempo, premiano il giocatore. "Daje!", "Siiiiiiiiiiii!!!!", "Ehhhh, la peppaaa!";

- urla di giubilo: ogni qualvolta (raramente, e per questo ancor più concitate quando si verificasse tale evento) si riesce a mettere a segno una Fatality, Babality o Friendship;







- vocine melliflue dirette alla sottoscritta (più in generale alla fidanzata/moglie/compagna/amica o, in alternativa, a qualsiasi essere vivente presente nella stanza): 

il giocatore vuole un supporto morale, un appoggio, uno stimolo esterno per poter ritrovare le forze e cercare di portare a termine più quadri possibili. La richiesta è sempre accompagnata da occhi supplicanti e allo stesso tempo tristi e scoraggiati. Si deve aiutare e sostenere il giocatore con frasi positive e lusinghiere e, nei casi più disperati, bisogna rafforzare le parole con un gesto (carezza, bacetto o, per i meno sdolcinati, una più distaccata pacchetta sulla spalla).

Dopo questa digressione senza senso sul mio povero fidanzato inconsapevole, cavia di questo studio antropologico di grande importanza scientifica, vi lascio con una rivelazione.


Io amo i videogiochi. Amo quelli come Mortal Kombat et similia. Però vi confesso che, a un certo punto, dopo essere passata attraverso tutti i vari livelli di imprecazione....mi rompo e vado a vedere la soluzione su internet. SI.


Nessun commento:

Posta un commento